Horyzon, Capital City
Grattacielo, Daphne’s House, 30° piano
Quando Owen sente vibrare il pad non comprende la portata del segnale gps che continua a lampeggiare sullo schermo. Lo vede, seguendone il “bip” con ogni battito del cuore. Frequenza cortex: Daphne.
In meno di
tre secondi è scappato dall’ospedale, munito di bastone che lo fa arrancare giù
dalle scale e poi fuori, in strada. Ad aspettarlo c’è una macchina. Alla guida
Regy. Si guardano ma entrambi sanno che non c’è tempo per le spiegazioni. Lo
esorta a correre, a bruciare ogni singolo semaforo continuando a fare da
navigatore. A destra. A sinistra. Ancora a destra.
- Trenta minuti, Regy. Trenta minuti al massimo.
E’ il tempo
limite per la sua fuga, giusto per mettere in chiaro le cose.
Entra nel
grattacielo di vetro, in una delle zone più ricche di Capital City, con il
cuore in gola. Schiaccia i pulsanti dell’ascensore come se potesse farlo andare
più veloce. Il pianerottolo lo trova silenzioso e vuoto. Una porta sola, all’ultimo
piano. Trentesimo. Controlla il segnale, ancora luminoso. Ancora assordante.
Bussa, ma non risponde nessuno. La chiama, dall’esterno, ma non riceve
risposta. Si agita. Ha paura. Molla il bastone in terra, estraendo una
semiautomatica che gli ha passato l’amico. Bussa più forte, la chiama con più
enfasi. Niente. Poco dopo inizia a sfondare la porta. Una, due, tre volte, fino
a che lo stipite non cede ed il primo passo lungo che fa lo introduce in un
ingresso luminoso. Un salotto, la cucina. Tutto di un bianco accecante. La
chiama ancora ma Daphne non c’è. O meglio, c’è ma non dice dove trovarla. Poi
Owen guarda in alto, verso il soppalco. Il letto nero, la scala. Un brivido
gelido gli corre lungo la schiena. Si affretta su per ogni gradino, fermandosi
solo quando individua la bottiglia di vodka vuota – in terra – ed un flacone di
farmaci vuoti. Dalla porta socchiusa del bagno proviene una lama di luce, sottile.
Fredda. Allunga una mano, afferrando la maniglia. Si rende conto che è uno di
quei momenti che ricorderà per tutta la vita. Non importa quanti orrori possa
aver visto negli anni. Non importa quanta gente ha ammazzato o ferito. Ci sono
cose che ti scavano l’anima e lasciano un solco profondo. Si apre la via su un
pavimento candido, sulle prime piastrelle. Lo sguardo, però, inquadra
immediatamente la figura stesa in terra, avvolta in un asciugamano. Ferita,
macchiata di sangue. Una pozza che si allarga sotto ai polsi tagliati,
sporcandole i capelli neri sparsi in maniera disordinata. Si muove senza
nemmeno rendersene conto. Sbatte le ginocchia in terra. La raccoglie. Urla il
suo nome per farla svegliare. Daphne mugola. Guarda ma non vede. La tiene su
con un braccio, con la mano libera cerca il pad in tasca. Macchia lo schermo di
impronte rossastre, lo stesso sangue che gli ha impregnato i pantaloni. La
prima è una chiamata al suo “autista”.
- Regy, rispondi cazzo… - prima di ogni squillo.
- … che c’è?
- Muovi il culo, subito! Vieni su immediatamente!
La chiama
ancora. Lo fa sempre. La cerca dietro quel velo di sonnolenza indotta da troppi
farmaci.
Non la
sballotta, la sostiene. Mugugna ed Owen prende quel singolo verso come una cosa
positiva. Non ci pensa due volte a ficcarle due dita in gola. Le dice persino “mi
spiace” ma lo fa. La fa vomitare sul tappetino, tenendola su. Lei si muove
ancora. Reagisce.
- Parlami, forza… svegliati..
Una
disperazione che trapela da ogni singola lettera. Nel frattempo parte una
chiamata vocale, diretta ad Andres.
- Ho ricevuto una segnalazione cortex. Sono da Daphne. E' drogata, ha bevuto e si è tagliata. Dove sei? Ho bisogno di te.
- God. Sono a casa.
- Vieni?! - è imperativo.
Sfila l’asciugamano
dal corpo. La spoglia ma non la guarda. Ha tagli ovunque, escoriazioni di media
entità. Le pulisce il viso, i polsi, poi la tira su e la porta in camera. La
stende sul letto, tornando verso il bagno. Cerca il pad, lasciato in terra, poi
altri panni per fermare l’emorragia – non grave, fortunatamente.
- Parlami.. parlami ancora.. sai dove sei?
Nel
frattempo arriva Regy. Gli urla ordini, lo manda a cercare bende e
disinfettante. La comunicazione con Andres è breve, anche se costante. Si
intervalla a pezzi di conversazione fatti con Daphne, direttamente. Per tenerla
sveglia, per farla ragionare.
Il resto
accade tutto troppo velocemente.
Andres che
arriva e che caccia Regy.
Andres che
sale in camera precipitandosi verso Daphne.
Andres che
mette da parte ogni delicatezza in favore di una premura più severa, volta all’ordine.
Alla protezione.
Andres che
da ordini.
Andres che
decide.
- Non sei tu a decretare cosa mi basta.
- Giusto. Perchè quel che dico io non vale un cazzo.
Andres che
alza la voce.
Andres che nella
notte, quando c’è solo silenzio, chiede scusa.
Daphne
dorme.
Owen lo
abbraccia. Lo rassicura. “E’ tutto a posto”.