martedì 23 settembre 2014

Blood and Secrets

Horyzon, Capital City
Grattacielo, Daphne’s House, 30° piano


Quando Owen sente vibrare il pad non comprende la portata del segnale gps che continua a lampeggiare sullo schermo. Lo vede, seguendone il “bip” con ogni battito del cuore. Frequenza cortex: Daphne.
In meno di tre secondi è scappato dall’ospedale, munito di bastone che lo fa arrancare giù dalle scale e poi fuori, in strada. Ad aspettarlo c’è una macchina. Alla guida Regy. Si guardano ma entrambi sanno che non c’è tempo per le spiegazioni. Lo esorta a correre, a bruciare ogni singolo semaforo continuando a fare da navigatore. A destra. A sinistra. Ancora a destra. 
- Trenta minuti, Regy. Trenta minuti al massimo.

E’ il tempo limite per la sua fuga, giusto per mettere in chiaro le cose.
Entra nel grattacielo di vetro, in una delle zone più ricche di Capital City, con il cuore in gola. Schiaccia i pulsanti dell’ascensore come se potesse farlo andare più veloce. Il pianerottolo lo trova silenzioso e vuoto. Una porta sola, all’ultimo piano. Trentesimo. Controlla il segnale, ancora luminoso. Ancora assordante. Bussa, ma non risponde nessuno. La chiama, dall’esterno, ma non riceve risposta. Si agita. Ha paura. Molla il bastone in terra, estraendo una semiautomatica che gli ha passato l’amico. Bussa più forte, la chiama con più enfasi. Niente. Poco dopo inizia a sfondare la porta. Una, due, tre volte, fino a che lo stipite non cede ed il primo passo lungo che fa lo introduce in un ingresso luminoso. Un salotto, la cucina. Tutto di un bianco accecante. La chiama ancora ma Daphne non c’è. O meglio, c’è ma non dice dove trovarla. Poi Owen guarda in alto, verso il soppalco. Il letto nero, la scala. Un brivido gelido gli corre lungo la schiena. Si affretta su per ogni gradino, fermandosi solo quando individua la bottiglia di vodka vuota – in terra – ed un flacone di farmaci vuoti. Dalla porta socchiusa del bagno proviene una lama di luce, sottile. Fredda. Allunga una mano, afferrando la maniglia. Si rende conto che è uno di quei momenti che ricorderà per tutta la vita. Non importa quanti orrori possa aver visto negli anni. Non importa quanta gente ha ammazzato o ferito. Ci sono cose che ti scavano l’anima e lasciano un solco profondo. Si apre la via su un pavimento candido, sulle prime piastrelle. Lo sguardo, però, inquadra immediatamente la figura stesa in terra, avvolta in un asciugamano. Ferita, macchiata di sangue. Una pozza che si allarga sotto ai polsi tagliati, sporcandole i capelli neri sparsi in maniera disordinata. Si muove senza nemmeno rendersene conto. Sbatte le ginocchia in terra. La raccoglie. Urla il suo nome per farla svegliare. Daphne mugola. Guarda ma non vede. La tiene su con un braccio, con la mano libera cerca il pad in tasca. Macchia lo schermo di impronte rossastre, lo stesso sangue che gli ha impregnato i pantaloni. La prima è una chiamata al suo “autista”. 
- Regy, rispondi cazzo… - prima di ogni squillo.
- … che c’è?
- Muovi il culo, subito! Vieni su immediatamente!

La chiama ancora. Lo fa sempre. La cerca dietro quel velo di sonnolenza indotta da troppi farmaci.
Non la sballotta, la sostiene. Mugugna ed Owen prende quel singolo verso come una cosa positiva. Non ci pensa due volte a ficcarle due dita in gola. Le dice persino “mi spiace” ma lo fa. La fa vomitare sul tappetino, tenendola su. Lei si muove ancora. Reagisce. 
- Parlami, forza… svegliati..

Una disperazione che trapela da ogni singola lettera. Nel frattempo parte una chiamata vocale, diretta ad Andres. 
- Ho ricevuto una segnalazione cortex. Sono da Daphne. E' drogata, ha bevuto e si è tagliata. Dove sei? Ho bisogno di te.
- God. Sono a casa.
- Vieni?! - è imperativo.

Sfila l’asciugamano dal corpo. La spoglia ma non la guarda. Ha tagli ovunque, escoriazioni di media entità. Le pulisce il viso, i polsi, poi la tira su e la porta in camera. La stende sul letto, tornando verso il bagno. Cerca il pad, lasciato in terra, poi altri panni per fermare l’emorragia – non grave, fortunatamente. 
- Parlami.. parlami ancora.. sai dove sei?

Nel frattempo arriva Regy. Gli urla ordini, lo manda a cercare bende e disinfettante. La comunicazione con Andres è breve, anche se costante. Si intervalla a pezzi di conversazione fatti con Daphne, direttamente. Per tenerla sveglia, per farla ragionare.

Il resto accade tutto troppo velocemente.
Andres che arriva e che caccia Regy.
Andres che sale in camera precipitandosi verso Daphne.
Andres che mette da parte ogni delicatezza in favore di una premura più severa, volta all’ordine. Alla protezione.
Andres che da ordini.
Andres che decide. 
- Non sei tu a decretare cosa mi basta.
- Giusto. Perchè quel che dico io non vale un cazzo.

Andres che alza la voce.
Andres che nella notte, quando c’è solo silenzio, chiede scusa.
Daphne dorme.
Owen lo abbraccia. Lo rassicura. “E’ tutto a posto”.